Simone Fattori

SUONI NELL'ETERE

Nell’america dei primi anni ’60 il veicolo che permette, come una sorta di vetrina, di far conoscere le nuove produzioni musicali prodotte a ciclo continuo dalla sempre più fiorente industria discografica è la radio. È attraverso essa che l’ascoltatore conosce le nuove produzioni e si orienta nell’acquisto dei dischi a 45 giri.

Ecco che, nella moltitudine di produzioni musicali, l’imperativo è distinguersi, conquistare il maggior numero possibile di passaggi radiofonici e arrivare direttamente a più ascoltatori possibili. La figura professionale più importante da conquistare, da parte dei discografici, è dunque quella dei Dj, che avevano ancora carta bianca nella compilazione delle scalette dei loro programmi: le cronache degli anni Sessanta sono piene di scandali che vedono coinvolti i più noti conduttori radiofonici, accusati di corruzione. 

Nel 1960 il disc jockey Alan Freed, che dopo aver guadagnato il titolo di “padre del R’n’R”, continuava a trasmettere con grande successo e a guidare numerose produzioni discografiche in vetta alle classifiche, fu coinvolto in quello che passò alla storia come lo scandalo “Payola” (da “pay” e “Victrola”, una marca di altoparlanti, ma che nel linguaggio comune divenne l’equivalente dell’italiano “bustarella”)  insieme a decine di altri Dj, tra cui Dick Clark, noto per il programma American Bandstand. Erano accusati di ricevere denaro, droga e altri favori in cambio della messa in onda di determinati dischi. 

C’è da dire che questa pratica era molto comune sin dagli anni Trenta ed era considerata legale, ma la commissione d’inchiesta del Congresso mise in stato di accusa 335 Disc Jockey che trasmettevano in tutto il Paese, che ammisero di aver ricevuto un totale di oltre 263.000 dollari in “spese di consulenza”. Un numero sicuramente sottostimato, se si pensa che un solo Dj, Phil Lind, di radio WAIT di Chicago, ammise di aver ricevuto 22.000 dollari per “spingere” un singolo disco. 

Freed fu accusato solo di aver accettato 2.500 dollari dalla BMI, ma era il nome più importante tra quelli implicati nell’inchiesta, e reagì riaffermando la liceità della pratica e rilanciò dichiarando: “Quello che chiamano Payola nel settore dei disc jockey, lo chiamano lobbying a Washington”. 

Si affrettò poi a pagare la cauzione e un prezzo infinitamente più alto in termini di credibilità e di ripercussioni sulla sua carriera, che ne uscì offuscata. Uno dei risultati immediati dello scandalo Payola fu un cambio di gestione della programmazione delle radio. Radio WINS di New York, per esempio, smise di trasmettere il rock’n’roll e tramise Frank Sinatra e simili per tre giorni di fila. Tutte, in breve tempo, tolsero ai disc jockey la possibilità di scegliere le canzoni e suonare ciò che volevano, introducendo la playlist, ovvero una lista di brani attuali, generalmente quaranta, da programmare a ripetizione. La redazione settimanale delle liste, con i brani da eliminare e quelli da inserire, fu affidata a una nuova figura, che di volta in volta poteva assumere il ruolo di direttore della programmazione o direttore artistico. 

 

(tratto da Suoni nell’Etere – 100 anni di musica e radio)

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