Simone Fattori

SUONI NELL'ETERE

Nei giorni del 50esimo anniversario della nascita delle radio libere in Italia, ricordiamo le gesta dei pionieri che negli anni immediatamente precedenti al 1975 spianarono la strada a questa straordinaria epopea della comunicazione del nostro Paese.

Alle 19 del 25 marzo 1970 Danilo Dolci, poeta e attivista politico siciliano, apre le trasmissioni di Radio Libera Partinico, in un Belice non ancora rialzatosi dal terremoto del 1968, con queste parole: “SOS Qui parlano i poveri cristi della Sicilia occidentale, attraverso la radio della nuova resistenza”. Lo fa dunque per denunciare l’abbandono da parte dello Stato e le ingerenze mafiose nella ricostruzione. L’avventura dura 27 ore, quelle che impiega la magistratura per inviare negli studi la polizia per sequestrare le apparecchiature e denunciare i responsabili.

Ma tanto basta a Radio Libera Partinico per essere annoverata come la prima radio libera italiana, in un panorama che registrerà diverse candidature alla primogenitura. (ne parlo diffusamente qui )

A essere precisi, infatti, già nel 1968 c’era stato un tentativo analogo in Toscana, a opera di Carlo Andrea Lazzoni, con Radio Massa Attiva, durato anch’esso poche ore.

Negli anni successivi tutto tace, ma il fuoco cova sotto la cenere. Ci furono decine di “prove tecniche di trasmissione” sparse in tutta Italia: Radio Potenza Centrale, Radio Sacro Monte, Radio Fiemme 104, Radio Crotone International, Radio Voghera, Radio Valle Camonica, Radio Milano Palmanova, Radio X a Napoli, Radio Borgomanero, Radio Montegrappa Vicenza, Radio Prato, Radio Marche Ancona, Radio Diffusione Pistoia.

In tutta Italia giovani ingegneri o semplici radioamatori smanettoni seguirono l’esempio e organizzarono l’aspetto tecnico dell’avventura. Non esistevano infatti in commercio trasmettitori per la Modulazione di Frequenza, dunque questi pionieri erano costretti a riconvertire artigianalmente trasmettitori militari americani comprati nei mercatini delle pulci o altre apparecchiature di fortuna.

Il 23 novembre 1974 partono le trasmissioni di Radio Bologna per l’accesso pubblico da una roulotte parcheggiata sui colli bolognesi, e collegata all’elettricità in una cascina isolata.

È un’avventura corsara, perché lo Stato si è organizzato e per mantenere il monopolio della Rai ha sguinzagliato l’Escopost, polizia postale attrezzata con ricevitori mobili e incaricata di scovare i trasmettitori e sequestrarli. Per questo cambieranno frequenza ogni sera, ma questo non impedirà loro di raggiungere un notevole numero di ascoltatori. L’esperienza bolognese è singolare perché ricorda più le modalità delle radio pirata del Nord Europa che lo sviluppo che avranno da lì a poco le radio libere italiane. Inoltre le sue peculiarità riguardano l’organizzazione, sorta intorno alla Cooperativa Lavoratori Informazione, guidata dal futuro regista Roberto Faenza, e la programmazione, tutta incentrata sui piccoli problemi dei quartieri di Bologna, con accesi dibattiti aperti ai cittadini. Un gesto dal preciso intento politico, che durò una settimana e che, come ricorderà Faenza in anni successivi, terminerà “un minuto dopo che Aldo Moro, Presidente del Consiglio, firmò il primo decreto di riforma della Rai. L’emissione fu totalmente politica proprio per stimolare tale riforma”.

La riforma prevedeva l’istituzione delle tre reti (Radio 1, Radio 2 e Radio 3) e di tre testate giornalistiche (GR1, GR2, GR3), più le strutture del DSE, della Direzione tribune e accesso, della Direzione servizi giornalistici e programmi per l’estero.

Ma è anche il primo passo per la riforma del settore. I pionieri, pronti con le loro attrezzature modificate, sentono che si può partire con le trasmissioni.

 

Brano tratto da Suoni nell’etere, 100 anni di musica e radio

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