Le storie di esilio che dalla seconda metà del ‘900 hanno riguardato musicisti e cantanti divenuti simbolo di lotta alle dittature e alle disuguaglianze, dal Sud America all’Africa. In Italia il tema dell’esilio in musica assume un’accezione tutta particolare, con le storie di Mina e Lucio Battisti, esuli dal proprio pubblico per buona parte della loro carriera.
“Siamo arrivati a Roma il 10 settembre del 1973, nell’ambito di una tournée in diversi Paesi dell’Europa. Una settimana prima avevamo suonato in Vietnam, ancora sotto i bombardamenti. Stavamo scoprendo il mondo, perché per la prima volta eravamo usciti dell’America Latina. Venivamo da un Paese, il Cile, che non aveva esperienze di tipo golpista. Il Cile è stato sempre, storicamente, un luogo di rifugio di diversi intellettuali, di diversi dirigenti dell’America Latina quando venivano a mancare le condizioni democratiche nei loro Paesi. Conoscevamo l’esilio degli altri: gli esuli della Repubblica spagnola, e tantissimi dal Venezuela, dal Brasile, dalla Colombia.” E’ così che, improvvisamente, Jorge Coulón Larrañaga, venticinquenne chitarrista degli Inti Illimani, vede trasformarsi sotto i suoi occhi una tournée trionfale in qualcosa di completamente diverso.
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