Tutto il synth-pop, il techno-pop, ma anche l’hip hop degli anni ’90, persino l’indie rock, e in generale tutta la musica elettronica, probabilmente non sarebbero esistiti senza la sperimentazione di alcuni ragazzi di Düsseldorf che già nel 1970 formarono i Kraftwerk.
Il loro punto di partenza era le sperimentazioni elettroniche di Berio e Stockhausen, il cosmic rock di alcune band tedesche della fine degli anni ’60 e dei Pink Floyd, ma il loro ideale punto di approdo sarà una musica completamente elettronica, robotica, tecnicamente perfetta e per questo forse fredda, con una spiccata ritmica. Solo per fare un esempio dell’importanza cruciale del lavoro dei Kraftwerk (in tedesco centrale elettrica) per tutta la musica degli anni ’80 e successivi, basti pensare che la batteria elettronica, ovvero il sistema di pad che sostituiscono i tamburi e inviano impulsi elettrici ad un sintetizzatore, fu inventata e brevettata dal loro batterista Wolfgang Flür nel 1973.
In realtà da allora la disputa sul brevetto vede coinvolti anche Florian Schneider e Ralf Hütter, i due fondatori della band, ma poco cambia.
Wolfgang Flür si unì a loro alla fine del1973 dopo anni di militanza in band sperimentali tedesche, e lasciò i Kraftwerk nel 1987, dopo una serie di dischi mitici come Autobahn, Radio Aktivität, Trans-Europe Express e Computerwelt, per fondare gli Yamo. Lo fece perché ritenne che il progetto fosse esaurito, e perché non aveva intenzione di continuare a suonare la stessa musica come del resto fanno i suoi ex compagni, da allora. Eppure oggi sono ancora di stringente attualità le loro sonorità e i loro album, che figurano tra gli studi imprescindibili di tutti i gli appassionati di musica elettronica, anche i più giovani.
Flür ha raccontato questa ed altre pionieristiche storie nel libro Ich war ein Roboter (Io ero un robot) pubblicato nel 2000.
Nei primi anni ottanta arrivarono sul mercato le prime batterie elettroniche prodotte da Yamaha, Simmons, Roland, con pad in gomma e i trigger, i sensori elettronici che inviavano gli impulsi al modulo sonoro. Da qui il suono giungeva all’amplificatore o alle cuffie. Dunque, oltre ad aver caratterizzato il sound di tutti gli anni ’80 ed oltre (ci sarebbero stati i Chemical Brothers o i Prodigy senza i Kraftwerk?), l’invenzione ha permesso a intere generazioni di batteristi di esercitarsi in casa senza disturbare troppo.